Studio Collevecchio di Mario e Pietro Collevecchio* – PA Management Consulting

Il decreto del Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato – del 25 luglio 2023, pubblicato nella G.U. del 4 agosto, in piena estate, segna un ulteriore passaggio verso la disciplina esorbitante e confusa del bilancio degli enti locali. Questa volta si va oltre intervenendo minuziosamente nel processo di formazione del bilancio che attiene all’autonomia normativa, organizzativa, finanziaria e contabile degli enti locali faticosamente conquistata in via di principio a partire dal 1990 e non ancora pienamente realizzata. Vediamone i contenuti.

L’autonomia istituzionale

Partiamo da alcune premesse.
Dopo l’entrata in vigore della Costituzione, è continuata, sia pure con qualche adattamento, l’applicazione della legge comunale e provinciale del 1934 nella concezione dei Comuni e delle Province intesi come enti dipendenti e subordinati dello Stato. Si è protratto il sistema dei controlli di legittimità e perfino di merito sugli atti, in primis sui bilanci, inizialmente da parte delle Prefetture (GPA) e poi, con l’avvento delle Regioni, da parte dei CORECO. Fino al 1965 era ancora in vita il Consiglio di prefettura con funzioni di giurisdizione in materia di giudizio sui conti consuntivi, prima della sua soppressione da parte della Corte Costituzionale. Nel 1990 si perviene all’emanazione della legge n.142 sull’ordinamento delle autonomie locali in cui si afferma, tra l’altro, che i Comuni e le Province hanno autonomia statutaria e autonomia finanziaria, che sono titolari di funzioni proprie e che esercitano le funzioni attribuite o delegate con legge dallo Stato e dalla Regione. La legge apre la via verso una maggiore vitalità degli enti locali caratterizzata dal fiorire di nuovi statuti e regolamenti nell’acquisita consapevolezza, specie a livello comunale, di rappresentare la propria comunità, di curarne gli interessi e di promuovere lo sviluppo in un nuovo contesto di autonomia e di responsabilità. Nel 2001 l’’articolo 114 della Costituzione colloca i Comuni e le Province tra le istituzioni costitutive della Repubblica alla pari con le Città metropolitane, le Regioni e lo Stato.

L’ordinamento contabile

La prima disciplina organica in materia di ordinamento finanziario e contabile degli enti locali con il decreto legislativo del 15 febbraio 1999, n.77. Il decreto recepisce ed estende agli enti locali una serie di importanti innovazioni che si erano andate via via introducendo ed evolvendo con riferimento alla disciplina del bilancio dello Stato (leggi 468/1978 e 362/1988) e del sistema contabile delle Regioni (legge 335/1976 e leggi regionali di contabilità). Tra queste assumono particolare rilievo il collegamento degli strumenti di bilancio agli strumenti di programmazione, l’introduzione di nuovi strumenti e regole di gestione (PEG), di controlli sui risultati, di un sistema di contabilità economico-patrimoniale più definito, di procedure di dissesto e risanamento finanziario. Il decreto è poi confluito quasi interamente nel TUEL del 14 agosto 2000, n.267 per costituire la parte seconda “Ordinamento finanziario e contabile” e ha assunto un valore ancora più rilevante ponendosi in relazione alla parte prima sull’ordinamento istituzionale in un contesto decisamente più organico.

L’armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio

Fin qui tutto chiaro fino al 2009, vale a dire fino all’emanazione della legge di contabilità e finanza pubblica n.196 del 31 dicembre 2009. Essa introduce tra i principi fondamentali l’esigenza di procedere all’armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle amministrazioni pubbliche affidandone l’attuazione con delega al Governo. Per quanto riguarda le Regioni, gli enti locali e i loro organismi, i principi e i criteri direttivi della delega sono inseriti, per ragioni organiche, come modifica e integrazione alla legge sul federalismo fiscale n.42 dello stesso anno in precedenza emanata. I principi e i criteri dettati, che sono numerosi e comuni anche alle altre amministrazioni pubbliche, mirano ad assicurare:

  • l’uniformità e l’omogeneità dei sistemi contabili delle Regioni e degli enti locali tra loro e nei confronti con le altre amministrazioni
  • il monitoraggio, il coordinamento e il consolidamento dei conti pubblici
  • il coordinamento della finanza pubblica a livello territoriale
  • il raccordo con il Sistema europeo dei conti nazionali (SEC), in osservanza dei vincoli derivanti dal patto di stabilità e crescita e dai successivi sviluppi
  • l’attuazione del federalismo fiscale.

L’emanazione dei decreti delegati in materia avviene i due tempi nel 2011 e nel 2014. Il decreto legislativo 23 giugno 2011, n.118 reca disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi. Il decreto 10 agosto 2014, n.126 reca numerose ed estese disposizioni integrative e correttive del decreto 118 che diventa il testo di riferimento. Entrambi i decreti recano modifiche e integrazioni al TUEL e prevedono la possibilità di introdurre ulteriori modifiche con decreti ministeriali, in casi determinati. Qui il sistema si complica. Si assiste a un’imponente proliferazione delle fonti giuridiche primarie e secondarie di disciplina dell’ordinamento contabile degli enti locali frammentata in mille rivoli, difficilmente comprensibile anche sotto il profilo tecnico e inaccessibile in termini di trasparenza. Basti pensare che il decreto 126 del 2014, pubblicato nel supplemento ordinario. alla Gazzetta Ufficiale n.199 del 28 agosto 2014, occupa 771 pagine, contiene 14 allegati, una trentina di sottoallegati e poi schemi, esempi, modulistica, note, illustrazioni cui attribuisce valore giuridico. Una guida da consultare più che un esempio di buona tecnica legislativa. Per quanto riguarda poi il TUEL, le modifiche finora introdotte dal 2000 ad oggi superano di molto il migliaio tanto da rendere ormai urgente un nuovo testo unico possibilmente più stabile nel tempo.

Il decreto MEF del 25 luglio 2023

In questo panorama così complesso e confuso, il decreto MEF del 25 luglio scorso detta disposizioni rivolte all’aggiornamento degli allegati al decreto legislativo 118 del 2011 (erroneamente indicato con il numero 188) che prevedono, tra l’altro, l’osservanza da parte degli enti locali di diciotto principi contabili generali e di quattro principi contabili applicati. Con il consueto stile prolisso e pedagogico (30 pagine di GU), il decreto in esame introduce numerose modifiche e integrazioni ai principi contabili applicati e ai modelli adottati ponendosi ai margini dell’ambito normativo riservato dalla legge alla competenza ministeriale o meglio interministeriale. In particolare, l’articolo 1 si riferisce all’aggiornamento dell’allegato 4/1 del decreto 118 che riguarda il principio contabile applicato concernente la programmazione. Si tratta di un principio fondamentale posto alla base del sistema della programmazione di bilancio che trova ampia descrizione e sviluppo in tutti i suoi aspetti già nella versione originaria contenuta nel decreto legislativo 126 del 2014. In generale le modifiche introdotte attengono alla precisazione dei contenuti delle previsioni attinenti alla programmazione delle risorse finanziarie da destinare ai fabbisogni di personale che vanno determinate “sulla base della spesa per il personale in servizio e di quella connessa alle facoltà assunzionali previste dalla normativa vigente”. Questo criterio informa il DUP e il Piano triennale dei fabbisogni del personale contenuto nel PIAO ed è considerato presupposto necessario per la formulazione delle previsioni della spesa di personale del bilancio di previsione. Pur prendendo atto del contenuto prudenziale di detto criterio, si può tuttavia osservare che l’eliminazione del riferimento alle risorse umane nella definizione di ogni “programma”, prevista alla lettera e) del comma 1, priva la definizione del programma medesimo di un elemento di natura organizzativa rilevante fini della sua concreta attuazione.

Il nuovo processo di formazione del bilancio degli enti locali

Ma l’aspetto più eclatante delle modifiche introdotte consiste nell’intervenire pesantemente sul processo di formazione del bilancio degli enti locali al fine di favorirne l’approvazione entro i termini previsti dalla legge. Laddove sarebbe stato più appropriato dettare alcune regole di principio, la nuova disciplina disegna invece in maniera minuziosa un percorso articolato e complesso che ha senso sotto il profilo teorico, ma che è destinato a essere seguito con fatica nella realtà operativa. Proviamo a sintetizzarlo.

  • entro il 15 settembre: la Giunta predispone, con l’assistenza del segretario comunale e/o del direttore generale (ove previsto), l’atto di indirizzo per la predisposizione delle previsioni di bilancio, elaborato in coerenza con le linee del DUP. Il responsabile del servizio finanziario predispone il bilancio tecnico
  • entro la stessa data gli atti suddetti sono inviati ai responsabili dei servizi.

Il bilancio tecnico è redatto con previsioni a legislazione vigente e ad amministrazione invariata. E’ costituito da prospetti delle previsioni delle entrate e delle spese riferiti almeno al triennio successivo, dal prospetto degli equilibri di bilancio, dagli allegati dimostrativi del fondo pluriennale vincolato e del fondo crediti di dubbia esigibilità. E’ costituto inoltre dall’elenco dei capitoli distinti per centri di responsabilità riferiti ai medesimi esercizi considerati dal bilancio, ed eventualmente anche da un elenco dei capitoli per assessorati su valutazione del responsabile del servizio finanziario.
Completa il bilancio tecnico l’esposizione dei dati contabili relativi all’eventuale elaborazione della nota di aggiornamento del DUP. Il bilancio tecnico è inviato anche alla Giunta, al segretario comunale e al direttore generale

  • con l’invio del bilancio tecnico, il responsabile del servizio finanziario richiede ai responsabili dei servizi di proporre le previsioni di bilancio di rispettiva competenza anche in assenza degli atti di indirizzo dell’organo esecutivo
  • se nel corso dell’elaborazione del bilancio tecnico emergono squilibri di bilancio, il responsabile del servizio finanziario ne dà immediatamente notizia alla Giunta, al segretario comunale e al direttore generale e segnala i possibili interventi da adottare per riequilibrare il bilancio attraverso maggiori entrate e/o minori spese
  • gli interventi di riduzione della spesa da parte del responsabile del servizio finanziario sono descritti e inviati ai responsabili dei servizi con la richiesta di segnalare criticità derivanti dai tagli e proporre ulteriori interventi
  • entro il 5 ottobre: i responsabili dei servizi predispongono e comunicano al responsabile del servizio finanziario le previsioni di entrata e di spesa di competenza, inviando proposte di integrazione e modifica del bilancio tecnico e di eventuale aggiornamento del DUP
  • l’assenza di risposta entro il termine suddetto è da intendersi come condivisione delle previsioni del bilancio tecnico e delle correlate responsabilità
  • entro il 20 ottobre: il responsabile del servizio finanziario verifica le previsioni di entrata e di spesa avanzate dai servizi, predispone la versione finale del bilancio di previsione e trasmette alla Giunta la documentazione necessaria per la delibera (del Consiglio) di approvazione del bilancio
  • entro il 15 novembre: la Giunta esamina la documentazione trasmessa dal responsabile del servizio finanziario, con l’assistenza del segretario comunale e/o del direttore generale, predispone lo schema di bilancio di previsione e lo presenta al Consiglio.

Segue poi la trasmissione del progetto di bilancio all’organo di revisione per il parere che va reso non oltre i 15 giorni successivi, salvo diversa disposizione regolamentare. Il decreto disciplina, infine, il processo di approvazione del bilancio da parte del Consiglio, la procedura di presentazione degli emendamenti e i relativi termini, che valgono in assenza di disciplina regolamentare. Conclude ribadendo che il termine previsto dalla legge per l’approvazione del bilancio di previsione è entro il 31dicembre di ciascun anno.
Il decreto prevede procedure diverse e più semplici per gli enti locali di minori dimensioni individuati in quelli la cui struttura organizzativa non presenta un’articolazione tale da consentire la formulazione di previsioni da parte dei servizi. In particolare, viene assunta come riferimento la dimensione di enti locali con meno di 50 dipendenti che non hanno distinte figure di responsabili per l’ufficio personale, l’ufficio tecnico e l’ufficio entrate. Si tratta dunque della grande maggioranza dei Comuni. Procedure semplificate sono previste anche per gli enti locali articolati in circoscrizioni o municipi, per gli enti locali che hanno attribuito la gestione del proprio bilancio alle Unioni di comuni e per le Province e le Città metropolitane.

Ruoli, compiti e tempi dell’approvazione del bilancio

Com’è possibile osservare, la normativa sul processo di formazione del bilancio degli enti locali è così pervasiva che in sostanza non lascia spazio alcuno alla disciplina regolamentare in contrasto con l’articolo 174 del TUEL. Su questa parte il decreto trae origine dall’’articolo 16, comma 9-ter, del decreto-legge 9 agosto 2022, n.15, convertito con modificazioni dalla legge 21 settembre 2022, n 142, che ha per oggetto “Misure urgenti in materia di energia, emergenza idrica, politiche sociali e industriali”. Il comma prevede che, per favorire l’approvazione del bilancio di previsione degli enti locali entro i termini previsti dalla legge, siano specificati ruoli, compiti e tempistiche del processo di approvazione del bilancio di previsione, anche nel corso dell’esercizio provvisorio. Prevede altresì che tale specificazione avvenga nel principio contabile applicato concernente la programmazione di bilancio con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministero dell’interno e con la Presidenza del Consiglio dei ministri, su proposta della Commissione per l’armonizzazione degli enti territoriali.
Al riguardo, si osserva:

  • in ordine ai ruoli, l’approvazione del bilancio è l’ultima fase di un processo di formazione che ha uno svolgimento continuo e che non si esaurisce in singoli e specifici adempimenti previsti, bensì si articola nell’ambito di un contesto organizzativo e di relazioni tra organi di governo e dirigenti o funzionari disciplinato da regolamenti interni proprio per la sua specificità. Il bilancio non è un atto isolato, ma s’inserisce in una serie di documenti programmatici e contabili che formano un sistema: il sistema della programmazione di bilancio
  • in ordine ai compiti, l’attribuzione di compiti a servizi e uffici degli enti locali e ai dirigenti delle relative strutture organizzative rientra ampiamente nel medesimo principio dell’autonomia organizzativa e della disciplina funzionale del personale. Ne deriva che non è appropriato attribuire dall’esterno funzioni e posizioni particolari a determinati servizi o dirigenti (come nel caso dei servizi finanziari)
  • in ordine ai tempi, i termini intermedi posti nelle varie fasi del processo di formazione del bilancio presentano dubbia efficacia al fine ultimo della sua approvazione nel termine finale stabilito dalla legge e possono complicare l’intero processo. I notevoli ritardi nell’approvazione dei bilanci degli enti locali che si riscontrano ormai da anni sembrano dipendere non tanto da inerzia degli uffici o da difficoltà degli organi di governo, ma soprattutto dalla profonda incertezza dell’orizzonte finanziario che giustifica il differimento dei termini a volte fino a esercizio inoltrato e costringe a ricorrere all’esercizio provvisorio. E qui si potrebbe andare avanti per ricordare la mancata attuazione dell’articolo 119 della Costituzione e del federalismo fiscale con grave vulnus all’autonomia finanziaria degli enti locali.

Altri nodi del decreto MEF 25 luglio 2023

Provo a indicarli nei punti seguenti.
In generale, il processo di bilancio previsto per gli enti locali sembra essere modellato su quello seguito per la formazione del bilancio dello Stato, certamente più complesso, in cui il ruolo del MEF, e in passato del Ministro del tesoro, attraverso la Ragioneria generale dello Stato, si è sempre rivelato determinante nella predisposizione e nella presentazione al Parlamento di tutti gli atti che compongono il sistema di bilancio. L’organizzazione del MEF, centrale e periferica, assicura le competenze e le esperienze di tipo giuridico, economico, tecnico e settoriale che appare difficile riscontrare negli enti locali, anche di grandi dimensioni. L’estensione di tale procedura può pertanto creare evidenti problemi.

Il ruolo del responsabile del servizio finanziario appare sovradimensionato sia nella formazione del bilancio tecnico, sia nel rapporto con i dirigenti.

Il bilancio tecnico, così come previsto, si manifesta utile come base di partenza, ma andrebbe meglio definito nel metodo di elaborazione. A differenza dello Stato, il riferimento per gli enti locali alla “legislazione vigente e all’amministrazione invariata” appare generico e incerto. Tale circostanza potrebbe dar luogo a margini di discrezionalità nel valutare la soglia della spesa predeterminata o rigida con effetti sull’individuazione dello spazio di manovra destinato alle proposte dei dirigenti e soprattutto alle decisioni della Giunta e del Consiglio. Questo tipo di previsioni non favorisce inoltre interventi strutturali di spending review in quanto si considera, in genere, la base già consolidata e quindi si preferisce procedere a previsioni di tipo incrementale, ove possibile. Per quanto riguarda poi l’elenco dei capitoli distinti per centri di responsabilità, il passo è breve per accompagnare la proposta di bilancio con la proposta di PEG definita non soltanto in termini contabili, ma soprattutto in termini programmatici. Il PEG rappresenta infatti lo strumento operativo di riferimento della gestione e della rendicontazione più completo attraverso il suo triplice collegamento con il bilancio, con la struttura organizzativa e con gli obiettivi della programmazione. Per quanto riguarda infine la valutazione dell’opportunità di articolare l’elenco dei capitoli per assessorati, tale compito spetterebbe al sindaco e comunque avrebbe un valore soltanto conoscitivo. Anche se nella realtà le interferenze sono frequenti, gli assessori non hanno poteri propri e concorrono alla decisione collegiale della Giunta sul progetto di bilancio da presentare al Consiglio.

Nel rapporto con i responsabili dei servizi, il responsabile del servizio finanziario assume un ruolo preminente in quanto decide in ultima analisi l’entità dello stanziamento di bilancio da proporre alla Giunta. D’altra parte, i responsabili dei servizi mirano di solito ad avanzare richieste di tipo incrementale che, sia pure giustificate da programmi e progetti da realizzare, contrastano con l’esigenza di assicurare l’equilibrio del bilancio. La composizione del conflitto andrebbe risolto, già a livello tecnico, non attraverso comportamenti asettici di silenzio-assenso, bensì con incontri collegiali di informazione e discussione, collegando strettamente gli stanziamenti di bilancio alla fattibilità degli interventi sotto il profilo procedurale e temporale.

Il coordinamento di questi incontri andrebbe affidato a una figura manageriale in grado di assumere la responsabilità della proposta. Il decreto insiste sul segretario comunale e/o il direttore generale ai quali attribuisce solo funzioni di assistenza. La via da seguire potrebbe essere invece quella indicata dall’articolo 108 in cui il direttore generale propone alla Giunta il Piano esecutivo di gestione (PEG) nell’ambito della sua funzione di coordinamento rivolta a perseguire livelli ottimali di efficacia ed efficienza dell’ente.

Il principio dell’equilibrio sembra costituire la finalità fondamentale del bilancio e informa tutte le fasi del processo di formazione. Si tratta di una giusta esigenza nel quadro di una sana gestione, ma non è di per sé sufficiente. Nel sistema della programmazione di bilancio, previsto dalla vigente normativa di contabilità, le previsioni dell’entrata e della spesa devono collegarsi strettamene ai documenti di programmazione (PIAO, DUP, ecc.). Ne deriva che la funzione del bilancio di previsione e del suo sviluppo attraverso il PEG è quella di consentire la realizzazione degli obiettivi, o di parte di essi, nel triennio di riferimento, predisponendo le risorse finanziarie necessarie da assegnare ai centri di responsabilità amministrativa in un rapporto di coerenza. Di qui la caratteristica del PIAO e del DUP che sono documenti di programmazione scorrevole a formazione annuale e suscettibili di aggiornamento.

L’intera normativa sembra muoversi più nella logica dell’adempimento e degli aspetti formali del processo che non nei contenuti e nella qualità delle scelte di bilancio. Essa mira soprattutto ad assicurare l’approvazione del bilancio in equilibrio entro i termini previsti dalla legge “whatever it takes“. È detto, tra l’altro, che in “assenza di indirizzi dell’organo esecutivo, il responsabile del servizio finanziario predispone in ogni caso il bilancio tecnico in equilibrio, riducendo in primo luogo gli stanziamenti delle spese non ricorrenti non impegnate e, a seguire, le spese ricorrenti non contrattualizzate non riguardanti le funzioni fondamentali dell’ente”. Un bel rebus, con buona pace dell’articolo 151 del TUEL e del bilancio come strumento di governo.