a cura di Mauro Monaco (funzionario pubblico e componente di organismi di valutazione)
Il 31 gennaio ha rappresentato un’importante scadenza per le Pubbliche Amministrazioni, chiamate ad adottare, entro tale data, il Piano Triennale della Prevenzione della Corruzione per il triennio 2020-2022 e il Piano della Performance per il medesimo arco temporale; contestualmente è stato necessario aggiornare il sistema di misurazione e valutazione della performance, come raccomandato dal Dipartimento della Funzione Pubblica con la recentissima Circolare del 18 dicembre 2019.
La coincidenza temporale pone in evidenza come tali strumenti, pur mantenendo la rispettiva autonomia, considerate le diverse finalità e le connesse responsabilità, presentano comunque importanti tratti comuni e necessitano di una reciproca integrazione. A tale riguardo, il Piano Nazionale Anticorruzione 2019, adottato con deliberazione Anac n. 1064/2019, ha dedicato un paragrafo proprio all’integrazione tra PTPC e performance, ricordando, in primo luogo, che l’esigenza di integrare alcuni aspetti dei suddetti strumenti discende da precise previsioni legislative (art. 1 comma 8 della L. n. 190/2012 e art. 44 del D.Lgs. n. 33/2013) e ampliando il raggio di azione di tale dinamica di coordinamento del PTPC con i documenti individuati dal D.Lgs. n. 150/2009, cioè il Piano e la Relazione annuale sulla performance e il sistema di misurazione e valutazione della performance.
Peraltro, già nel 2013 la CIVIT (prima della costituzione dell’ANAC), con la circolare n. 6, recante “linee guida relative al ciclo di gestione della performance per l’annualità 2013”, indicava la necessità di “promuovere un ciclo della performance “integrato” che comprenda gli ambiti relativi alla performance, agli standard di qualità dei servizi, alla trasparenza e integrità e, successivamente all’adozione del relativo Piano, alle misure in tema di prevenzione e contrasto della corruzione”.
Con il PNA 2019, l’ANAC rafforza tali raccomandazioni e evidenzia, in particolare, che “la rilevanza strategica dell’attività di prevenzione della corruzione comporta che le amministrazioni inseriscano le attività che pongono in essere per l’attuazione della l. 190/2012 e dei decreti attuativi nella programmazione strategica e operativa, definita in via generale nel Piano della performance (e negli analoghi strumenti di programmazione previsti nell’ambito delle amministrazioni regionali e locali). Quindi, le amministrazioni includono negli strumenti del ciclo della performance, in qualità di obiettivi e di indicatori per la prevenzione del fenomeno della corruzione, i processi e le attività di programmazione posti in essere per l’attuazione delle misure previste nel PTPCT.
In tal modo, le attività svolte dall’amministrazione per la predisposizione, l’implementazione e l’attuazione del PTPCT vengono introdotte in forma di obiettivi nel Piano della performance”. D’altronde, è evidente che molte attività richieste per la redazione del PTPC sono utili, o addirittura necessarie, anche per la predisposizione del Piano della Performance, come l’analisi del contesto interno, inteso come esame della struttura organizzativa o la stessa mappatura dei processi, ed è altrettanto evidente che l’individuazione dei responsabili delle misure di prevenzione nel PTPC può – rectius deve – tradursi in termini di obiettivi e relativi indicatori di misurazione per la valutazione della performance individuale e organizzativa.
A prescindere dalle indicazioni del PNA 2019, è comunque fuori di dubbio che la dimensione “integrata” dovrebbe costituire per le Amministrazioni una metodologia generale di lavoro, di ausilio per uscire dalla trappola della logica adempimentale e fornire, al contrario, una visione sistemica delle diverse logiche di programmazione.
La medesima ottica di integrazione dovrebbe, peraltro, essere garantita non solo nella fase della individuazione degli obiettivi e dei relativi indicatori di misurazione, ma anche in quella del monitoraggio, attraverso azioni che consentano il controllo e la rendicontazione delle attività realizzate.
In tal senso dovrebbero quindi reciprocamente connettersi anche i diversi ambiti di monitoraggio che coesistono sotto molteplici aspetti e sotto la direzione di differenti soggetti: uno strumento fondamentale, in tal senso, è certamente costituito dai controlli successivi di regolarità amministrativa, previsti dall’art. 147 bis comma 2 del D.Lgs. n. 267/2000 ed esercitati dal Segretario, ma altrettanta importanza deve essere attribuita all’attestazione, da parte degli Organismi di Valutazione ai sensi dell’art. 14, comma 4, lett. g) del D.Lgs. n. 150/2009, dell’assolvimento degli obblighi relativi alla trasparenza, o alla reportistica prevista nell’ambito dei sistemi di controllo di gestione o dei sistemi di misurazione e valutazione della performance, finalizzata alla verifica del conseguimento degli obiettivi, ovvero, ancora, al controllo della qualità dei servizi erogati, come previsto dall’art. 147 comma 2, lett. e) del D.Lgs. n. 267/2000.
La corretta e fruttuosa integrazione tra tali diversi ambiti di intervento rappresenta senza dubbio una delle prossime sfide con le quali dovranno misurarsi gli operatori della Pubblica Amministrazione.
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